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Podcast e giornalismo: dati, esempi e buone pratiche

Podcast e giornalismo: dati, esempi e buone pratiche

NOVITÀ DI MARKETING DIGITALE

Podcast e giornalismo: dati, esempi e buone pratiche

Che l’ascolto di podcast sia in aumento tra tutte le generazioni lo dicono i numeri. Le ragioni di quello che è stato già identificato come un ritorno a un’era dell’oralità sarebbero molteplici: la possibilità di ascoltare – musica, news, audiolibri – anche mentre si è in movimento e tramite dispositivi tuttofare come gli smartphone è una di queste, come lo è la recente popolarità di assistenti vocali e smart speaker come Alexa o Google Home. Più difficile è delineare nel dettaglio il rapporto tra  podcast e giornalismo: c’è chi vede nei primi una risorsa impareggiabile per risolvere la crisi endemica in cui verserebbe il secondo e chi, invece, li considera semplici eredi 2.0 del più classico giornalismo radiofonico.

Quelle notizie «da ascoltare» che piacciono ancora

Un dato interessante da cui partire, così, è la preferenza accordata ai diversi format informativi. Mentre il mantra più ripetuto, e in parte sostenuto dai numeri, è che i media tradizionali hanno perduto fiducia e a diverse riprese i contenuti video, il giornalismo di long form, il giornalismo da collezione sono stati riconosciuti come possibili soluzioni alla crisi del mercato editoriale, non si dovrebbe ignorare quella fetta abbastanza larga di consumatori di news – circa il 40% su un campione dai 18 ai 49 anni, secondo il Pew Research Center – che dice di preferire «ascoltare le notizie».

podcast e giornalismo preferenza per notizie da leggere

Ascoltare le notizie, presumibilmente in radio e online, è una pratica ancora abbastanza in voga e anche tra le generazioni più giovani: dice di farlo quasi un 18-29enne su quattro. Fonte: Pew Research Center

Lo fa grazie ai GR che, soprattutto nel drive time, non hanno perso ascolti (o quasi) o sempre più di frequente grazie a podcast giornalistici appunto.

In America, del resto, il binomio podcast e giornalismo si traduce già da anni in offerte come quelle del “New York Times” e della NPR che, con “The Daily” e “Up First” rispettivamente, hanno rivisto l’idea stessa di rassegna stampa e notizie del giorno e offrono ai propri ascoltatori aggiornamenti quotidiani pronti da scaricare e ascoltare dove e quando si vuole.

Facile da realizzare ed economico: perché il podcasting piace al giornalismo…

Se dal lato utente insomma è la comodità e l’essere sganciati dalla logica del palinsesto a convincere, alle redazioni i podcast piacciono in virtù della facilità con cui li si riesce a realizzare e della loro economicità. Qualche volta, infatti, serve soltanto dar voce a notizie che sono state già raccolte e confezionate perché destinate ad altri usi. Senza contare che nel caso di un giornale radio o un approfondimento giornalistico radiofonico, per esempio, si può semplicemente trasformare in podcast la registrazione audio di quanto andato in onda ed è la strada più di frequente adottata dalle web radio che, più di tutte, devono fare i conti con un ascolto asincrono. Più in generale comunque, come sottolinea tra gli altri il Columbia Journalism Review, per fare giornalismo con i podcast nella maggior parte dei casi basta un (buon) microfono e «un garage in cui registrare» : oltre alla buona qualità dell’audio, cioè, non ci sono particolari requisiti tecnici indispensabili per creare un podcast ed è proprio in questo senso che può risultare tra i format più economici per il giornalismo e adatto quindi anche alle redazioni più piccole, con organici e budget ridotti. Chi fa giornalismo locale e iperlocale, per esempio, potrebbe sfruttare i podcast per offrire al pubblico contenuti di qualità: ancora da oltreoceano vengono, in questo senso, partnership e collaborazioni tra emettenti pubbliche e piccole emittenti territoriali atte a favorire, appunto, l’adozione di format nuovi e più accattivanti anche per le news locali.

…e coinvolge ascoltatori sempre più prosumer

Uno dei vantaggi dei podcast di più immediata comprensione, del resto, è proprio la capacità di coinvolgere e di fidelizzare gli ascoltatori. C’entra ovviamente la serialità: sia che si propongano come appuntamenti quotidiani, sia che affrontino una stessa tematica – di attualità, nel caso del giornalismo – in più puntate diverse, i podcast costringono gli ascoltatori a tornare all’ascolto e lo fanno, semplificando molto, sfruttando il famoso effetto compito interrotto (quella tendenza gestaltiana che si avrebbe, cioè, a ricordare meglio le azioni e i compiti che non si è stati in grado di portare a termine e, allo stesso tempo, il desiderio di farlo). Basti pensare che quello che ormai è diventato un vero e proprio cult quando si tratta di podcast e giornalismo, “Serial”,  avrebbe una media di un milione di ascoltatori a puntata.

Il successo di “Serial”, che quanto ai contenuti è la ricostruzione giornalistica dell’omicidio di una studentessa di liceo avvenuto a Baltimora alla fine degli anni Novanta, suggerisce comunque anche qualcosa di più sul contributo che i podcast possono dare al giornalismo. Non è un mistero infatti che, per vincere la crisi quantitativa – cioè di ascolti e di entrate economiche – e reputazionale in cui sembra versare il giornalismo di questi tempi, la qualità dei contenuti è un punto di partenza inevitabile. Non si può ignorare in questo senso né che la concorrenza sia ormai molta, né che chi ascolta podcast sia nella maggior parte dei casi un utente abituato, che vuole essere prosumer  della propria dieta mediatica, ossia scegliere nel dettaglio di cosa è fatto il suo palinsesto giornaliero. A valle, insomma, per essere scelti non si può più non offrire valore e il valore è qualche volta una quantità di approfondimento che non si trova altrove o un contenuto esclusivo oppure, ancora, il giusto mix tra informazione e intrattenimento.

Podcast e giornalismo: che generi funzionano di più?

Ci sono dei generi giornalistici così che più di altri si prestano al podcasting. Il giornalismo narrativo, per esempio. “This American Life” non è solo tra i podcast più scaricati e ascoltati di sempre ma, affrontando in ogni puntata le storie e la vita quotidiana dei cittadini americani, è la dimostrazione del potenziale che il format audio ha quando si tratta di non-fiction: a quella del narratore si alternano, infatti, le voci dei protagonisti, ricostruzioni dei fatti salienti e numerosi altri documenti audio, senza contare che da medium «caldo» qual è già la sola voce radiofonica riesce nell’immergere e coinvolgere anche sensorialmente l’ascoltatore. Da “Chapo” all’italiano “Veleno”, che ricostruisce la vicenda dei Diavoli della Bassa Modenese, diverse sono invece le ragioni del successo dei podcast a tema crime, subito sotto il podio dei generi di podcast più ascoltati: è un mix di spettacolarizzazione dei fatti di cronaca e dell’interesse che, più in generale, suscita sempre il giornalismo di inchiesta. L’esperienza italiana firmata La Stampa di Podlast dimostra, però, che anche le analisi e gli approfondimenti di natura sociale e il giornalismo saggistico si prestano bene al podcasting, con temi affrontati che spaziano dai diversi modi di vivere la sessualità alla politica estera. Se a un host abituale si aggiungono ospiti di volta in volta diversi, infine, una versione 2.0 del talk show è presto pronta e, anzi, secondo “Culture Next” di Spotify è l’unica forma di talk show che i più giovani tra millennials e Gen Z sono disposti a seguire. Non è tanto di cosa parla il podcast insomma che conta, quanto come lo fa: a sottolinearlo sembra la stessa guida per podcaster della BBC che riconosce a un format come questo soprattutto la possibilità di sperimentare «nuove possibilità creative per lo storytelling».

Che sostenibilità economica per un giornalismo fatto di podcast?

Gli esempi citati bastano, comunque, per capire che ci sono modelli distributivi diversi che entrano in gioco quando si tratta di podcast e giornalismo. Si può fare leva sulla credibilità e il valore percepito di cui gode già la propria testata e provare a rinforzare il legame con i propri lettori fornendo loro contenuti esclusivi e di qualità: non a caso i podcast giornalistici fanno spesso parte di pacchetti speciali a sottoscrizione o sono riservati agli iscritti alle newsletter dei giornali. Niente esclude che le redazioni possano fissare un costo unitario per il singolo podcast, ma non è tra le soluzioni più praticate. Al contrario, invece, del crowdfunding : ci sono piattaforme specifiche in cui i poadcaster possono caricare puntate zero e abstract del lavoro giornalistico che intendono realizzare per cercare finanziatori, soluzione che tra l’altro permette di realizzare un prodotto piuttosto verticale, mirato su gusti e interessi della propria community di riferimento, anche di nicchia. Più di recente, soprattutto oltreoceano, molte redazioni hanno cominciato ad affiliarsi a servizi e app sul modello Netflix che fungono da aggregatori di contenuti audio (solo per fare un nome si potrebbe citare Audm, ma verso la stessa direzione sembra muoversi anche Audible di Amazon, ndr): dal lato utente richiedono una sottoscrizione con fee mensile per accedere a una libreria di podcast provenienti da fonti diverse; dal lato creator potrebbero rappresentare una valida alternativa a soluzioni come abbonamenti o paywall – già dimostratesi, in realtà, poco funzionali e poco in grado di rappresentare un modello di business sostenibile – anche in considerazione del fatto che gli utenti sono sempre più nomadi e desiderosi di spaziare tra offerte diversificate senza che questo voglia dire dover farsi carico di più abbonamenti diversi.

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