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L’Iran lancia Hamdam, l’app per incoraggiare i matrimoni

L'Iran lancia Hamdam, l'app per incoraggiare i matrimoni

NOVITÀ DI MARKETING DIGITALE

L’Iran lancia Hamdam, l’app per incoraggiare i matrimoni

«Scelta consapevole, matrimonio duraturo!» è la frase che accompagna la descrizione della nuova app di dating presente nell’app store Myket[1]. Così l’Iran lancia Hamdam, una piattaforma ideata per aiutare i giovani single a trovare un coniuge e quindi a incentivare i matrimoni nel Paese.
Come funziona l’app di dating Hamdam?
L’app Hamdam (che può essere tradotta con il termine “compagno” o “partner“) è stata progettata e sviluppata dal Tebyan Cultural Institute, organizzazione educativa e culturale legata al governo, e il suo scopo è aiutare i giovani a trovare il “coniuge ideale“, attraverso dei contenuti al suo interno ideati per fornire un aiuto nel processo di scelta del partner. Le coppie unite tramite Hamdam riceveranno, poi, una consulenza matrimoniale fino ai quattro anni successivi al matrimonio.

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Come diverse altre app, anche Hamdam sfrutta algoritmi di intelligenza artificiale per realizzare un match tra due utenti “compatibili“, ma per evitare la creazione di profili falsi viene richiesta una verifica attraverso l’upload di un documento di identità.
Per registrarsi, comunque, gli utenti devono effettuare un test di valutazione psicologica. Inoltre, come si legge in un articolo di The Washington Post, un ulteriore aspetto che la rende diversa delle altre app di dating è il mancato caricamento di foto su Hamdam poiché ritenute potenzialmente manipolatorie e spesso non rispondenti alla realtà.
L’app in questione è aperta a tutti, anche alle persone già sposate in precedenza, ed è pensata principalmente per utenti monogami alla ricerca di un matrimonio permanente, come si legge all’interno della sezione di domande frequenti relative alla piattaforma.
Fonte: Myket.ir
La piattaforma è stata inaugurata e presentata in conferenza stampa da Mohammad Baqer Qalibaf, presidente del parlamento iraniano, il 12 luglio 2021. Il politico ha dichiarato che la scelta di sposare qualcuno va presa con razionalità e consapevolezza e che la piattaforma in questione punta a incoraggiare i valori della famiglia tradizionale e a rispettare i principi legati al credo islamico.

نحوه تشخیص آدم‌های سالم از لحاظ روانشناختی در اپلیکیشن همدم
دکتر گلزاری دبیر علمی #همدم pic.twitter.com/8jpo4IJf4T
— همدم تبیان (@HamdamTebyan) July 12, 2021
L’Iran lancia Hamdam puntando così anche alla crescita demografica
In un Paese in cui il contatto tra uomini e donne, che non hanno alcun grado di parentela, è fortemente limitato, il governo ha sentito il bisogno di incoraggiare i matrimoni, sfruttando per questo i nuovi canali di comunicazione a disposizione, anche questi severamente limitati dalla Repubblica islamica dell’Iran: in effetti, anche se molti utenti trovano modi alternativi per accedervi, diverse app come Tinder, Facebook, Telegram, Twitter e YouTube sono bloccate dal governo iraniano[2].

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Come si evince dalla descrizione presente all’interno dello store Myket, la creazione dell’app rappresenta il tentativo di adeguarsi alle nuove modalità di comunicazione, imponendo tuttavia il rispetto delle leggi islamiche in vigore nel Paese. La decisione del governo iraniano, però, potrebbe essere inoltre una risposta al calo, registratosi negli ultimi anni, dei tassi di natalità e del numero di matrimoni e all’aumento di divorzi, come fatto notare nell’articolo di The Washington Post già menzionato.
L’app in questione non è l’unica piattaforma pensata per un target di religione islamica: infatti, dal suo lancio nel 2015 l’app di dating Muzmatch ha ottenuto un grande successo [3]. Anche quest’ultima è stata pensata per far incontrare musulmani single, incoraggiando in particolar modo la ricerca di un partner da sposare.
In Iran, tuttavia, l’app Hamdam è stata presentata come il «primo software di incontri iraniano ufficiale e legale», come si legge nella descrizione dell’app su Myket, e quindi tutte le altre piattaforme simili non sarebbero autorizzate dallo Stato, come ha dichiarato Ali Mohammad Rajabi, capo della polizia iraniana che si occupa del controllo del web[4].




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