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Case study Guinness: le pubblicità che hanno fatto storia

Case study Guinness: le pubblicità che hanno fatto storia

NOVITÀ DI MARKETING DIGITALE

Case study Guinness: le pubblicità che hanno fatto storia

Può una birra diventare l’attrattiva di un’intera nazione, fidelizzando turisti da ogni parte del mondo? Con i suoi 1,5 milioni di visitatori l’anno, la risposta è sì e il suo nome è Guinness. La nera di Dublino, nata per un errore di tostatura ma prodotto della visione imprenditoriale di Sir Arthur Guinness, può essere considerato un case study di comunicazione e un simbolo dell’isola verde, che attira all’interno dello Storehouse di Dublino curiosi da tutte le parti del mondo. Quella che si vive all’interno della St. James’s Gate Brewery è un’esperienza sensoriale unica e fa parte di un progetto di brand building che ha permesso alla storica marca di interpretare il cambiamento nel tempo senza mutare la propria identità. La visita guidata all’interno dello stabilimento è un modo per far conoscere uno spaccato di storia industriale del Paese e allo stesso tempo anche un modo per generare degli utili attraverso la vendita del ticket d’ingresso e il merchandising.

GLI ELEMENTI DISTINTIVI DELLA BRAND IDENTITY GUINNESS

Il case study di Guinness mostra l’importanza di una comunicazione coerente fatta di elementi distintivi che hanno costruito e permesso nel tempo la riconoscibilità del brand. Prendendo in analisi un’etichetta del 1862, è possibile notare come i tre elementi cardine della comunicazione Guinness siano divenuti vero e proprio patrimonio iconografico del brand e portatori di una propria storia da raccontare.

etichetta Case study Guinness

Etichetta Guinness del 1862. Fonte: Guinness Collectors Club

L’arpa di Brian Boru

Simbolo dell’identità irlandese, l’arpa di Brian Boru è stata scelta da diversi brand per sottolineare il forte senso di appartenenza con la terra di origine. Nel caso della birra Guinness, l’arpa appare per la prima volta nel 1862 come pittogramma molto curato nei particolari: cavigliere, spalla e corona dell’arpa sono arricchite da decorazioni celtiche con motivi curvilinei e rettilinei che caratterizzano la produzione artigianale locale. I successivi restyling (quattro nell’arco dei 260 anni di storia del brand) hanno visto via via scomparire gli stilemi celtici per far posto a un’immagine essenziale e pulita tipica del flat design.

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L’evoluzione dell’arpa Guinness. Fonte: Design Playground

L’ultima riprogettazione è quella del 2016, a cura dell’agenzia britannica Design Bridge, che restituisce all’arpa la tridimensionalità del pittogramma del 1997, evoca attraverso le curve il moto ondoso del fiume Liffey e richiama dettagli storici come il carattere tipografico usato per “Est.1759”, risalente alla scritta impressa sulle botti di rovere e ferro battuto che venivano stoccate nel magazzino di St. James.

Arpa Guinness

La riprogettazione dell’arpa Guinness. Fonte: Design Playground

La parola “Guinness”

La parola Guinness” ha da sempre caratterizzato la comunicazione e la promozione del marchio , essendo presente sulle etichette delle bottiglie, sulle botti di legno, sui mezzi che la trasportavano per il Paese e nel mondo. Fino agli anni Sessanta, epoca in cui venne introdotto il primo carattere tipografico ufficiale per la parola “Guinness”, era utilizzata con una grande varietà di lettering su poster, pubblicità a stampa e merchandise, generando un’incoerenza comunicativa a cui però il designer Bruce Hobbs pose fine. Il nuovo carattere tipografico fu lanciato nel 1963 e inizialmente utilizzato per manifesti con caratteri rossi su sfondo crema. Dopo qualche anno, modificato nelle linee, si cominciò a utilizzare su tutte le altre forme di comunicazione del marchio fino al 1991. Nei primi anni Novanta il carattere tipografico prese il nome di “Design Group Hobbs” e appariva con lettere di colore oro su fondo nero, fino al successivo restyling del 1997, in cui il carattere tipografico appariva in caratteri bianchi su fondo nero, con la “G” un po’ più alta delle altre lettere.

word Guinness Fonte wirestrungharp

L’evoluzione del lettering Guinness. Fonte: wirestrungharp.com

Oggi il carattere non esiste più e la parola “Guinness” fa parte del logo .

Lettering Guinness

Dettaglio del lettering Guinness. Fonte: Design Playground

La firma di Sir Arthur Guinness

La famosa firma di Arthur Guinness apparve per la prima volta al centro della prima etichetta pubblicata nel 1862. Come per gli altri elementi distintivi, la firma è stata gradualmente rimodellata, cambiando colore e diventando sempre più una rappresentazione dell’originale con cui Sir Arthur si garantì la concessione dell’utilizzo del St. James’s Gate per 9mila anni. Nella riprogettazione più recente dell’identità del marchio, la firma appare in nero.

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La firma di Sir Arthur Guinness – Fonte: wirestrungharp.com

L’ultimo restyling del 2016, a cura dell’agenzia britannica Design Bridge, è quello che ha definito l’attuale concept comunicativo di Guinness, ma nonostante sia stato apprezzato dal pubblico vi sono state comunque polemiche. Su Twitter, ad esempio, si è parlato a lungo delle origini “non irlandesi” dell’agenzia che ha curato il progetto.
Tweet Guinness

LA STORIA GUINNESS: Un case study di CAMPAGNE PUBBLICITARIE…

La prima apparizione di una pubblicità Guinness su carta stampata è riconducibile al 1794. Dopo 63 anni di attività, la società irlandese decise di pubblicare un annuncio su “The Gentleman’s Magazine”, seguito dalla didascalia “Salute, pace e prosperità”. Fu a partire dagli anni Trenta del Novecento, però, che la Guinness decise di fare grossi investimenti in pubblicità, affidandosi a un’agenzia pubblicitaria che per oltre trent’anni curò l’immagine della nera di Dublino.

Vi sono, comunque, nella storia di Guiness diversi slogan e spot che hanno contribuito a costruire l’immaginario narrativo della marca.

Guinness is good for you: il primo slogan non si scorda mai

Lo slogan “Guinness is good for you” accompagnò per circa quarant’anni il brand. Nacque all’interno dell’agenzia pubblicitaria Benson facendo fede alla credenza del tempo che la Guinness avesse proprietà medicinali. Negli ospedali irlandesi, fino agli anni Cinquanta, le donne che avevano appena partorito ricevevano una pinta di Guinness per integrare la carenza di ferro. La prima apparizione dello slogan in una campagna pubblicitaria fu nel 1929, all’interno di un annuncio del Daily Express.

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Il primo annuncio pubblicitario “Guinness is good for you”. Fonte: Guinness

Le illustrazioni di John Gilroy

A partire dal 1930, alle illustrazioni delle pubblicità Guinness venne associato il nome di John Gilroy. A lui si devono le campagne come “Guinness for Strength” del 1930, in cui venivano raffigurati uomini che compivano imprese titaniche grazie all’assunzione della Guinness, e “My Goodness, My Guinness” del 1935, resa famosa dagli animali ribelli come il leone marino, capace di tenere in equilibrio un bicchiere di Guinness sul suo naso, o il pellicano dal becco pieno di bottiglie.

Sempre di Gilroy e sempre appartenente alla serie zoologica, il tucano fu un’icona dell’advertising di Guinness, comparendo anche negli spot televisivi degli anni Cinquanta e protagonista del lancio della birra in lattina.

Le prime analisi di consumer behaviour

Guinness è stata una delle prime aziende ad analizzare le abitudini di consumo del proprio target e partendo dai risultati emersi decise di spostare il focus dei propri spot dalle attività ludiche a un approccio un po’ più sofisticato. Fu così che nel 1966, per la prima volta, all’interno di uno spot Guinness apparve una persona nell’atto di bere birra.

I riconoscimenti internazionali e gli spot sul grande schermo

A partire dagli anni Settanta, nel palmares della Guinness si trovano diversi riconoscimenti internazionali per gli spot realizzati. Nel 1976 l’agenzia JWT fu premiata a Cannes per lo spot “Black Pot”, mentre l’agenzia irlandese “ARKS Ltd” vinse un Leone d’argento nel 1977 per “Island”.

Entrambi gli spot sono caratterizzati dalla semplicità: il primo paragona un colpo di biliardo al sorseggiare una pinta di Guinness; il secondo è conosciuto come “Ta siad ag teacht” le uniche quattro parole che vengono pronunciate nei cinquanta secondi di spot.

Negli anni Ottanta, cavalcando l’onda del successo di Blade Runner, Rutger Hauer fu testimonial Guinness per la campagna Ogilvy & Mather “The man with the Guinness“. Si trattava di circa venti spot in cui l’attore, in diverse situazioni, si trovava in compagnia di una stout, con numerosi riferimenti e rimandi alle pubblicità del passato. Rutger Hauer non è però l’unico attore famoso a interpretare uno spot Guinness: nel 2004 Micheal Fassbender “attraversò” l’oceano a nuoto per risolvere una discussione in sospeso con un amico, davanti a una pinta. Lo spot si aggiudicò i FAB Awards del 2005.

A fine anni Novanta un nuovo riconoscimento arrivò a Cannes per lo spot “Surfer” dell’agenzia AMV-BBDO. Il commercial, lanciato il giorno di San Patrizio, si ispirava a una campagna del 1981 e a sua volta ispirò alcune campagne del nuovo millennio. Jonathan Glazer, il regista, ha incentrato lo spot su un gruppo di surfisti in attesa dell’onda perfetta. Il tema del saper attendere la perfezione (two part pour è il metodo di spillatura della Guinness, che richiede un’attesa di alcuni minuti per ottenere la pinta perfetta, ndr), ripreso nel claim “Le cose buone arrivano a coloro che sanno aspettare“, insieme all’immagine dei cavalli giganti, conferisce allo spot un carattere mitico. La fotografia di questo spot riprende un’opera di Walter Crane e nello script vi sono riferimenti alla narrativa di Melville in Moby Dick. Il mare che circonda l’isola irlandese, le onde che risalgono il bicchiere e la convivialità che regala una pinta condivisa con gli amici di sempre hanno reso questo spot uno dei più memorabili della storia Guinness.

Del 2006 e del 2007 sono invece gli spot “noitulovE” e “Tipping Point” dell’agenzia AMV-BBDO. Entrambi sono caratterizzati da ritmo e dinamicità: il primo attraverso la ricostruzione dell’evoluzione umana dai giorni nostri alla comparsa della vita sulla terra; il secondo attraverso un domino fatto di libri, materassi e vecchie auto che simboleggiano l’energia sprigionata da una pinta di Guinness. Nel 2006 fu proprio grazie allo spot “noitulovE” che si registrò il più alto volume di vendite di birra in un momento di declino per il mercato della birra, mentre lo spot ”Tipping Point” è passato alla storia come lo spot Guinness più costoso di sempre.

I Sapeurs: il carattere degli uomini, il carattere di una birra

«Nella vita non puoi sempre scegliere cosa fare, ma puoi sempre scegliere chi essere» afferma la voce dello spot “Made of More“, che mira a mostrare le scene di vita quotidiana della gente comune. Protagonisti della campagna Guinness del 2014 sono i Sapeurs (sub-cultura che prende il nome dalla sigla SAPE: la Société des Ambianceurs et des Personnes Elegantes, ndr), gruppo congolese di uomini che vogliono andare oltre la propria condizione sociale per inventare una moda di grande stile. Il loro nome significa “vestire con classe” ed è quello che fanno dopo una giornata di fatica a lavoro. Il messaggio lanciato dallo spot è di forte civiltà e sottolinea che non è il tessuto dell’abito che conta, ma la persona che lo veste e il suo modo di farlo: l’obiettivo della campagna era infatti riuscire a trasmettere il senso di straordinario di cui i Sapeurs si facevano portatori.

Da una dichiarazione rilasciata da Nadja Lossgott di AMV BBDO è possibile apprendere che «i Sapeur sono solo persone normali che aggiungono un po’ di gioia di vivere a tutti coloro che li circondano. Tuttavia, il modo in cui lo fanno è unico e avvincente. Fortunatamente, questa combinazione sembra abbia un forte impatto sulle persone. Al centro di ciò che sono e di ciò che fanno c’è un profondo senso di orgoglio, era importante e giusto che raccontassero la loro storia».

Nel 2018 il Guinness Storehouse si è riconfermato principale attrattiva del turismo irlandese, superando il milione e mezzo di visitatori e, come si legge in una dichiarazione di Paul Carty, managing director of the Guinness Storehouse , «il focus delle iniziative è orientato anche alla stagionalità e agli eventi del territorio che, come nel caso della parata di San Patrizio a marzo e del Festival Internazionale delle Stout a novembre, abbiamo ampiamente supportato».

A queste iniziative, nel case study Guinness, va aggiunta anche la sponsorship con il trofeo di rugby Sei Nazioni che dal 2019 al 2025 verrà rinominato “Guinness Six Nations” e che consolida la posizione dell’azienda tra i maggiori sostenitori di questo sport. L’accordo siglato nel 2018 per una cifra che si aggira intorno ai 6 milioni di sterline all’anno mira inoltre a sostenere l’esperienza dei supporter, incoraggiandoli a bere in modo responsabile.
Da un punto di vista dell’advertising, la sponsorship viene celebrata attraverso degli spot che incarnano i valori di cui il Guinness Six Nations si fa portatore. Nello spot “The Purse”, realizzato nel 2019, i temi affrontati sono quelli del sogno e della memoria. Il sogno è quello di una madre appassionata di rugby che lascia ai propri figli in eredità il compito di divertirsi per l’intero torneo seguendo il Galles durante ogni competizione. Lo spot, tratto dalla storia vera dei fratelli David and Gareth Rees, descrive la coppia che piange ricordando la propria madre attraverso un grande insegnamento: onorare la vita, anche godendosi tutto ciò che il Guinness Six Nations ha da offrire.

Allo stesso modo, partendo da una storia vera, anche il Woman Guinness Six Nations viene celebrato attraverso uno spot che coinvolge due sorelle: Harriet e Bridget Millar-Mills. “Sisters”, il nome dello spot realizzato da Abbott Mead Vickers BBDO e appartenente alla serie “Made of More”, segna l’ingresso di Guinness come primo partner ufficiale del Sei Nazioni Femminile 2019 ed è la prima pubblicità del marchio in cui si parla del rugby al femminile. «Siamo orgogliosi di lanciare il nuovo spot ‘Sisters’ che celebra la rivalità di due sorelle in una situazione unica: giocare per squadre nazionali avversarie. Harriet e Bridget – dichiara Niall McKee, responsabile di Guinness Europe, in un’intervista rilasciata a The Drum Magazine –hanno entrambe avuto carriere eccezionali nel rugby e senza dubbio la più grande esperienza è stata quella di rappresentare il proprio Paese l’una contro l’altra nel Women’s Six Nations 2013. Siamo orgogliosi di poter raccontare la loro storia, soprattutto nel nostro primo anno come partner ufficiale del Sei Nazioni Femminile».

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