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Studio Ocse: entro il 2050 in Italia più pensionati che lavoratori

Studio Ocse: entro il 2050 in Italia più pensionati che lavoratori

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Studio Ocse: entro il 2050 in Italia più pensionati che lavoratori


30 Agosto 2019, di Alessandra Caparello

Più pensionati che lavoratori: è questo  lo scenario che si prospetta per l’Italia entro il 2050 secondo quanto scrive l’Ocse in un suo recente documento dal titolo Working Better With Age.

Oggi le persone vivono più a lungo che mai, ma ciò che è un vantaggio per gli individui può essere una sfida per la società. Se non si farà nulla per modificare gli attuali modelli lavorativi e pensionistici, il numero di persone anziane inattive che dovranno essere sostenute da ciascun lavoratore potrebbe aumentare in media del 40% circa tra il 2018 e il 2050 nell’area OCSE. Ciò frenerebbe l’innalzamento del tenore di vita e eserciterebbe un’enorme pressione sulle giovani generazioni che finanzieranno i sistemi di protezione sociale.
Sarà fondamentale migliorare le prospettive occupazionali dei lavoratori anziani. Allo stesso tempo, sarà necessario adottare un approccio lungo tutto l’arco della vita per evitare l’accumulo di svantaggi individuali rispetto alle carriere lavorative che scoraggiano o impediscono il lavoro in età avanzata. Cosa possono fare i paesi per aiutare? Come possono offrire agli anziani migliori incentivi e opportunità di lavoro?

Così si legge nell’abstract del report dell’Ocse secondo cui il numero di persone over-50 inattive o pensionate che dovranno essere sostenute dai lavoratori potrebbe arrivare a circa il 40%, e in Italia, Grecia e Polonia, entro il 2050 il rischio è ancora più alto: addirittura  più over-50 fuori dal mondo del lavoro che lavoratori. Da qui l’Organizzazione con sede a Parigi invita i governi a promuovere “maggiori e migliori opportunità di lavoro in età avanzata per proteggere gli standard di vita e la sostenibilità delle finanze pubbliche”.

Certo, sottolinea l’Ocse, sono molti i progressi compiuti per incoraggiare i lavoratori più anziani a continuare a lavorare fino all’età di 65 anni, tuttavia l’età effettiva in cui gli anziani escono dal lavoro è più bassa rispetto a 30 anni fa.  I suggerimenti che avanza l’Ocse per migliorare questo stato di cose sono in primis una maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e migliori condizioni in generale per promuovere una maggiore partecipazione a tutte le età.

Il fatto che le persone vivano più a lungo e in una salute migliore è un risultato da celebrare – ha affermato Stefano Scarpetta, direttore dell’Organizzazione per l’Occupazione, il lavoro e gli affari sociali, al lancio del rapporto a Tokyo – Ma un rapido invecchiamento della popolazione richiederà un’azione politica concertata per promuovere l’invecchiamento attivo in modo da compensare le sue conseguenze potenzialmente gravi per gli standard di vita e le finanze pubbliche.

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